sabato 31 gennaio 2009

No Tav, No Acerra


Dovrebbero venderle negli ipermercati della Coop. Tra la grappa Nardini e le mele fuji, con tanto di stoppino e fiammiferi. Pronte per l’uso, senza etichette tipo: “Attenzione, liquido infiammabile”, perché per bruciarne cento di questi cani di Tonfa con i caschi blu e gli scudi di plexiglas, ce ne vorrebbero a decine. Forse migliaia. “CARAMBA”, ripeto tra me e me, “CARAMBA, vi muovete solo in branco, come dei randagi del salario”. E allora aspiro rapida l’ultima boccata. Poi getto di scatto la sigaretta a terra e la schiaccio col piede. Come schiaccerei loro e le loro anime: che brucino pure all’inceneritore Fibe di Acerra. “Altro che Torino-Lione, altro che Rocksoil! Tutti carbonizzati dovete morire”, farfuglio. Mentre il fumo espira nevrotico dalle mie labbra, accendo la miccia e lancio la bottiglia. La fiamma che divora la stoffa volteggia nell’aria, segue una curva e lascia una scia nerastra nel cielo grigio della Val di Susa. Ho ventisette anni, guadagno seicento euro al mese e non ho voglia di guardare la Gelmini su Youtube. Cinque secondi al massimo, inseguiti dalle urla dei Caramba che anticipano di pochi attimi il fragore dello schianto. Rumore di vetri rotti in un silenzio che domina ogni cristallo di neve. Vedo la vampata, sorrido, accendo un altro stoppino e grido: “NO ALLA TAV”.
Quello sono io, non ho niente da perdere, SONO un uomo in rivolta.
Mentre piego il braccio per scaraventare il mio secondo omaggio incendiario, m’accorgo che una vecchia con il volto fasciato in un foulard nero corre verso il muro sub-umano dei mercenari in divisa. Tiene uno strano crocefisso di legno nella mano sinistra e la corona di un Rosario nella destra. Ho come l’impressione che al posto della testa del Cristo in miniatura, ci sia una sorta di pulsante di plastica rossa. La vecchia ulula arcane malie alle nuvole in un dialetto sconosciuto. E allora mi paralizzo, anche se i caramba avanzano.
“Levati nonna”, urlo.
“Via, Via”, comandano i giannizzeri della Repubblica.
La donna sembra in tranche, vaneggia, piange, volteggia. Si blocca di colpo, con le spalle rivolte verso le Scorze dell’Ordine e strilla: “Fermi, fermi tutti”. Ma avverto solo il rumore degli anfibi che affondano nella neve e le grida degli altri manifestanti che scappano come uno stormo di quaglie allo sparo di un bracconiere. “Fermi, vengo in nome di Papa Joseph…”.
Continuo a non comprendere le sue suppliche, soprattutto ora che i Caramba sbraitano come Celti ai comandi di Vercingetorige .
“Lui, il successore di Pietro mi manda qui per dirvi che non si farà, che la Tav non…”. La sua voce stridula è travolta da un tuono e poi un fulmine e la pioggia scrosciante cade dal cielo senza preavviso. La miccia della molotov si spegne, quasi miagolando. Ormai è inutile, è tutto inutile. Ed allora inizio a scappare anch’io. Mi volto subito, d’istinto, per assicurarmi che la vecchia sia ancora lì. Potrebbe finire come una cacca di cane sotto gli anfibi dei Madama che marciano indemoniati verso di me. Mentre si condensano spirali di fiato ad ogni respiro, la vedo. Con una mano si strofina l’occhio inumidito dalle lacrime e con l’altra spinge il pulsante al posto della testa del Cristo. BOOOOOM. Le mie pupille quasi bruciano al contatto con quel groviglio di fiamme che si sprigiona repentino. Un muro d’aria mi scaraventa in avanti. Il sangue, il gelo, un conato di vomito. Il buio. E io che penso prima di svenire: “Ecoballe infarcite di sbirri, ecco cosa ci vuole in Italia. Altro che Tav”.












(ogni riferimento a cose e persone, è sicuramente casuale)

Note: tonfa è il materiale dei manganelli che la Polizia di Stato utilizzò a Genova. Fanno molto male.

Fibe, è la società che ha iniziato a costruire il forno crematorio della Campania Felix, l’inceneritore di Acerra

Rocksoil, è la madre di tutti i trafori

3500 battute in tutto, né una in più né una in meno

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